narrativa
NUOVO ROMANZO DI ROSA MINEI ASTARITA
Non accade spesso di incontrare al giorno d’oggi, in una realtà sociale dai facili costumi e del “tutto e subito”, dei personaggi che possono vantare una moralità ineccepibile e una capacità singolare di vivere la parola della fede cristiana a viso aperto, sfi dando facili ironie e battute sagaci. Rosa Minei Astarita, con quel suo modo di raccontare semplice e ricco di sfumature psicologiche, anche in questo caso quasi “obbliga” il lettore a seguire il fi lo rosso di un discorso che ha come centro nodale l’amore, un amore casto e decisamente vissuto da Enrico ed Ada (i due protagonisti in assoluto del romanzo) nel segno di un dialogo costante e di un confronto quasi magico fra il vivere reale in un presente votato al consumismo immediato e sfrenato anche dal punto di vista sessuale e il desiderio di costruirsi un futuro tutto loro, in cui l’amore, quello solare e marchiato di rispetto e religiosità, ha il volto stesso della felicità vera, intima, del dare prima di ricevere, della condivisione. Tutto ciò dà al romanzo la connotazione di una modernità dal sapore un po’ retrò, ma genuinamente ineccepibile.
Il messaggio che ne scaturisce è che “Dio è amore” e che l’amore trasmessoci da Dio può essere vissuto alla grande, senza infi ngimenti e sotterfugi, alla luce del sole con il cuore che brilla anche nei momenti di diffi coltà. Logicamente, a quanti sono abituati ad una scrittura immediata che bada al concreto, sfuggendo la necessità di sondare la personalità dei singoli personaggi per leggerne meglio i movimenti e le azioni, il romanzo di Rosa Minei Astarita potrà apparire troppo riflessivo, troppo caratterizzante. Ma è proprio questo a dare una patina di novità alla narrazione, a “costringere” il lettore a seguire la logicità dei movimenti interiori e delle azioni di Enrico ed Ada, ad ascoltare le loro dichiarazioni d’amore
fatte di sorrisi adoranti e teneri baci, a non disdegnare gli scherzi degli “balordi” (così Enrico defi nisce i suoi amici), ad approvare o meno i dubbi del Conte (il padre di Ada che non crede in Dio), ad accettare o meno le rifl essioni che Enrico fa parlando col suocero (quelle chiacchierate che sono quasi delle catechesi), a fare spazio anche nel nostro io ad una favola d’amore che va oltre il presente, oltre il fatto compiuto e che naviga in direzione di una luce lontana e misteriosa a un tempo.
C’è gioia nel raccontare, c’è partecipazione, c’è vivacità interiore in Rosa Minei Astarita: c’è, in una parola, quell’equilibrio dell’interiorità che abbiamo avuto già modo di sottolineare, parlando in maniera globale della suo ormai vasta produzione letteraria.
Il romanzo ha i connotati di una favola, di una favola che non nasconde situazioni e momenti negativi e crudi della vita reale, ma che alla fi ne si risolvono in positivo, in un tripudio di colori, di festeggiamenti, di speranze, di certezze…
Del resto i vari capitoli, già nei titoli suggeriscono l’andamento della vicenda di Enrico (che ha avuto un’adolescenza diffi cile, ma comunque ha conservato in sé l’ingenuità della fanciullezza) e di Ada (che, per l’educazione ricevuta, ha bisogno di trovare un uomo serio e fondamentalmente radicato nella fede). C’è una sublimazione evidente dell’amore, ma inevitabilmente su questa via i due protagonisti si imbattono i momenti che mettono a dura prova i loro propositi.
Il romanzo è un piccolo-grande compendio di elementi di contorno che danno un ulteriore marchio di freschezza alla vicenda complessiva. Troviamo la fi gura splendida del Conte che crea o cerca sempre di creare intralci ai progetti della figlia e del genero, ma, sotto sotto, sorride e condivide il loro modo di agire.
Via via ecco comparire le presenze importanti di coloro che sono da anni al servizio del Conte stesso e di Enrico: la Rosina, Michele, Teresa, Luigi l’autista.
Sono, queste, presenze assai simpatiche, dai lineamenti familiari, accattivanti, che danno spessore all’agire dei due innamorati e il cui apporto nel racconto, al momento opportuno si rivela essenziale. Ci sono poi i colleghi di Enrico: il Primario Bruno, il dottor Federico, sempre indaffarato a mettere in mostra la propria virilità, la dottoressa Veronique, affamata di sesso…E poi tanti altri personaggi: il buon Luigione, suo fi glio Daniele, Margot, l’amica del cuore di
Ada, Don Guido, la piccola Angelica e Richard, il cognato di Enrico… Forti sono i capitoli in cui Enrico, assieme ai “ragazzi di don Guido”, percorre la “Via dei fuochi” per strappare alla strada le ragazze-schiave; nonché quelli in cui ha avuto un brutto incidente col giovane Daniele e in occasione della notte passata all’addiaccio a causa di una frana che aveva ostruito la strada del ritorno a casa.
Che dire poi di alcune scenette davvero esilaranti in cui sottintese ingenuità non fanno che esaltare la freschezza interiore dei due protagonisti che assai spesso si scambiano nomignoli a dir poco simpatici, come “ranocchietta”, “puledrino”, “passerotta”, “ostricone”…, soprattutto quando uno o l’altra navigano oltre la realtà, parlando di “nuvoletta” e di “scaletta”.
In questo romanzo c’è di tutto e di più, ci verrebbe da dire…Sovente ci si imbatte in scenografi e davvero splendide, come in occasione della gita sul lago, del fidanzamento, del Natale, della Befana, del Carnevale, dell’addio al celibato.
In conclusione ci sembra logico rimarcare che il romanzo, avvalendosi anche di un riscontro religioso non di superfi cie, condensa un en plein di piccole-grandi verità, di situazioni non epidermiche e mostra l’indiscutibile piacere di narrare con il cuore, seguendo l’idea luminosa di un amore totalizzante che diventa anche nido di fede e di certezze.
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